Istituto Allergologico Italiano

Remdesivir: più luci che ombre


Claudio Ortolani

Il 29 aprile scorso l’NIH ha comunicato i risultati preliminari positivi di uno studio di efficacia del farmaco antivirale Remdesivir in pazienti ospedalizzati per polmonite da COVID-19. Lo studio, sponsorizzato appunto da NIH è stato condotto su 1063 pazienti, con un protocollo randomizzato e controllato, quindi con risultati dotati di evidenza di alta qualità e ha coinvolto 68 Ospedali, 47 negli Stati Uniti e 21 in Europa e in Asia.

remdesivirIl Remdesivir è un trattamento sperimentale con un ampio spettro antivirale che viene somministrato per infusione giornaliera per 10 giorni. In precedenza era stato sperimentato nell’uomo nella malattia da virus Ebola, dimostrandosi però scarsamente efficace mentre ha dimostrato buoni risultati in modelli animali nel trattamento della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e della sindrome respiratoria acuta grave (SARS), causate da coronavirus diversi dal SARS-CoV-2.

L’analisi preliminare dei dati dello studio, eseguita il 27 aprile ha dimostrato che i pazienti ospedalizzati con COVID-19 grave e coinvolgimento polmonare trattati con Remdesivir hanno avuto un tempo di “recupero” più rapido rispetto a pazienti simili che avevano ricevuto il placebo. Come “recupero” in questo studio si definisce lo stato clinico che permette la dimissione e il ritorno al normale livello di attività. I pazienti trattati con Remdesivir hanno avuto un tempo di recupero del 31% più rapido rispetto ai soggetti trattati con placebo (p 0,001). In particolare, il tempo mediano di recupero è stato di 11 giorni per i pazienti trattati con Remdesivir rispetto a quello di 15 giorni per quelli trattati con placebo. Anche la sopravvivenza è risultata migliore nei trattati con Remdesivir rispetto ai trattati con placebo, con un tasso di mortalità rispettivamente di 8,0% e 11,6% (p = 0,059). L’NIH ha comunicato i risultati immediatamente al termine della sperimentazione (27 aprile) senza attendere la pubblicazione su una rivista scientifica, il che avrebbe comportato un processo di revisione da parte degli esperti, tuttavia informazioni più dettagliate e dati più completi saranno disponibili in un prossimo rapporto.

In contemporanea la rivista scientifica Lancet ha pubblicato uno studio, parimenti randomizzato e controllato, su 236 pazienti selezionati in 10 ospedali di Wuhan sull’efficacia del Remdesivir nel COVID-19 con coinvolgimento polmonare. I risultati dello studio sono stati negativi, in quanto non sono stati osservati benefici statisticamente significativi per il trattamento con Remdesivir rispetto al trattamento con placebo. In particolare non si è osservata nessuna differenza tra il sottogruppo trattato con Remdesivir e quello trattato con placebo in merito all’obbiettivo primario dello studio, cioè il tempo di miglioramento clinico, definito come miglioramento di 2 punti su 6 di una scala ordinale dei sintomi. Parimenti non si è osservata nessuna differenza nella mortalità in 28° giornata, nella durata della ventilazione meccanica invasiva, nella durata dell’apporto di ossigeno giornaliero e infine nei giorni di ospedalizzazione.

Nonostante il protocollo sia stato bene disegnato e l’aderenza dei pazienti sia stata corretta, lo studio ha un difetto relativo alla dimensione del campione studiato, Infatti, gli autori ammettono che non è stato possibile raggiungere la dimensione programmata del campione, che era di 453 pazienti e che avrebbe garantito la piena affidabilità del risultato. Lo studio di Wang e colleghi è stato, infatti interrotto anzitempo dopo l'arruolamento di 237 dei 453 pazienti previsti, perché dopo il 12 marzo non è stato più possibile ammettere a Wuhan altri pazienti che soddisfacessero i criteri di ammissibilità. Lo studio, iniziato il 6 febbraio è stato quindi chiuso anzitempo il 29 marzo. John David Norrie in un Editoriale sullo stesso Lancet esprime categoricamente l’opinione che il non avere ottenuto la significatività statistica in uno studio sottodimensionato non permette una conclusione negativa sull’efficacia del farmaco. Infatti i risultati in un campione sottodimensionato non sono conclusivi e si dovranno programmare altri studi.

L’NIH non ha aspettato la chiusura definitiva della sperimentazione con Remdesivir ed è già partita con un secondo grande studio per confrontare tra loro due trattamenti: Remdesivir da solo e Remdesivir associato a un nuovo antinfiammatorio il Baricitinib.

Baricitinib è un farmaco antinfiammatorio costituito da una piccola molecola che blocca la produzione eccessiva di citochine che alimentano l’infiammazione. E’ un farmaco, cne si assume per via orale, già in commercio col nome di Olumiant in oltre 65 paesi tra cui l’Italia e approvato come trattamento per adulti con artrite reumatoide. Il Baricitinib potrebbe essere utile negli ammalati di COVID-19 con una grave insufficienza respiratoria legata a una eccessiva infiammazione dei polmoni, dato che esso inibisce l’iperproduzione di citochine che provocano e mantengono l’infiammazione polmonare. Ci sono state, infatti alcune segnalazioni di un beneficio del trattamento con Baricitinib in una serie di pazienti critici che sono guariti dal COVID-19. La combinazione di Remdesivir e Baricitinib potrebbe quindi essere efficace nel COVID-19 ed è giustificato intraprendere uno studio in proposito.

Anche questo studio sarà randomizzato, controllato e multicentrico, coinvolgendo 100 Ospedali negli USA, in Europa e in Asia e darà le massime garanzie per raggiungere una alta qualità dell’evidenza dei risultati.

Lo studio è in doppio cieco, il che significa che né i medici né i pazienti trattati sanno quale dei due trattamenti sta ricevendo (Remdesivir oppure Remdesivir + Baricitinib). Il Remdesivir viene somministrato con una dose endovenosa iniziale da 200 mg seguita da una dose endovenosa da 100 mg una volta al giorno per 10 giorni. Baricitinib viene somministrato alla dose di 4 mg per via orale (eventualmente frantumato e somministrato attraverso un sondino nasogastrico) fino a un ciclo di trattamento totale di 14 giorni. Le compresse di placebo sono indistinguibili dal Baricitinib ma contengono solo ingredienti inattivi. L’efficacia sarà valutata in base al “recupero” del paziente, cioè che stia abbastanza bene per essere dimesso dall’Ospedale, il che significa che il partecipante non richiede più ossigeno supplementare o cure mediche ospedaliere (con o senza limitazioni delle attività).