Istituto Allergologico Italiano

Per l'Allergia alimentare dieta di esclusione o trattamento farmacologico?


dieta di esclusione

L’allergia alimentare è un’affezione frequente che colpisce circa l’8% dei bambini e il 10% degli adulti. Si presenta spesso con manifestazioni gravi, che vedono oltre alla reazione cutanea anche la difficoltà respiratoria (asma o edema della glottide) e l’ipotensione; situazioni cliniche definite col termine di “anafilassi” e che possono aggravarsi fino allo shock anafilattico. Un dato preoccupante è l’aumento del numero dei ricoveri ospedalieri per anafilassi da alimenti negli ultimi anni. La diagnosi di anafilassi alimentare è generalmente facile, data la rapidità della comparsa dei sintomi dopo l’ingestione dell’alimento e la disponibilità per la conferma di una pressochè completa gamma di molecole allergeniche alimentari da utilizzare per riconoscere gli anticorpi IgE specifici. La diagnosi di Allergia Alimentare può essere invece difficile per le manifestazioni cliniche nei casi di polisensibilizzazione, dato che in questo caso la diagnosi è sicura solo con uno scatenamento orale con l’alimento in doppio cieco contro placebo (DBPCFC). A dispetto di questa facilità di individuare gli alimenti responsabili, la terapia e la prevenzione rimangono insoddisfacenti. Disponiamo di alcuni farmaci: l’adrenalina, preziosa per risolvere un’anafilassi grave, gli antistaminici e i cortisonici. Questi farmaci sono però riservati alle situazioni acute e, specie i cortisonici, non vanno usati a lungo per la prevenzione perché possono indurre importanti effetti collaterali. L’immunoterapia specifica sublinguale (AIT) è stata applicata per alcuni alimenti, come l’arachide, l’LTP, la nocciola, ecc. ma i risultati restano controversi e per contro comportano il manifestarsi di reazioni anafilattiche in corso di trattamento. In ogni caso nessuno di questi trattamenti è stato registrato in Italia e quindi la AIT per alimenti in Italia non è proponibile. Alcuni centri pediatrici specializzati praticano l’Immunoterapia orale (OIT) utilizzando l’alimento naturale con, a fronte di una modesta desensibilizzazione, dei procedimenti lunghi e la comparsa di numerose reazioni durante il trattamento. In questo quadro sconfortante resta valida ed efficace l’abolizione dell’alimento dalla dieta. Questa misura è adeguata e efficace nella stragrande maggioranza dei pazienti. Fanno però eccezione alcuni soggetti ipersensibilizzati per i quali i sintomi possono comparire anche per dosi molto piccole dell’alimento allergizzante. Questi soggetti sono costantemente esposti al rischio di incorrere in un’anafilassi da alimenti per l’ingestione accidentale e non conscia dell’allergene, ad esempio sotto forma di contaminante di un alimento ritenuto “sicuro”.

Da pochi giorni in questo scenario è sopraggiunto un trattamento che ha dimostrato in uno studio randomizzato e controllato una elevata qualità delle prove di efficacia nella terapia e soprattutto nella prevenzione dell'anafilassi: cioè il trattamento con anticorpi monoclonali anti-IgE (Omaluzimab). L'estensione dell’uso di omalizumab all'Allergia alimentare, farmaco già in uso da anni per il trattamento dell'asma grave e dell'orticaria cronica spontanea, è stata già approvata dalla FDA negli USA ed è logico aspettarsi un'analoga approvazione anche in Europa. Lo scenario è indubbiamente mutato per quanto riguarda la terapia e la prevenzione dell'allergia e anafilassi alimentare ma è importante domandarsi quando sia adeguato utilizzare questa nuova risorsa come alternativa all'eliminazione dell'alimento dalla dieta.

La domanda: “Evitare il cibo o trattare farmacologicamente?” se l’è posta Gary WK Wong autore di un editoriale sull’autorevole NEJM. In sintesi ecco le sue risposte.

Lo studio di Wood et al. ha dimostrato che la monoterapia con omalizumab è sicura ed efficace nell’aumentare la soglia di reazione per le arachidi e altri alimenti nelle prove eseguite in ambito ospedaliero. In assenza di un trattamento curativo per l’allergia alimentare, evitare l’allergene è stato finora l’unico modo di gestire l’allergia alimentare. Tuttavia, applicando questa misura la qualità della vita è compromessa a causa delle restrizioni sullo stile di vita e della costante paura di reazioni associate all’esposizione accidentale. L’immunoterapia orale (OIT) per l’allergia alle arachidi si è dimostrata efficace nell’aumentare la soglia di reazione, ma tale trattamento comporta nella sua attuazione un elevato numero di reazioni allergiche e anafilattiche e non migliora la qualità della vita dei pazienti. Per i pazienti con sintomi dopo ingestione di minime dosi dell’alimento allergizzante riuscire ad aumentare la soglia di ingestione di quell’alimento senza comparsa di sintomi è un risultato importante. Infatti, nella vita reale, una maggiore tolleranza dell’alimento allergizzante riduce il rischio di reazioni allergiche accidentali, semplifica le restrizioni dietetiche e migliora la qualità della vita. La principale indicazione all’uso di omalizumab come prevenzione dell’allergia alimentare è senza dubbio in questi soggetti ipersensibilizzati.

Restano, almeno per ora, molte domande senza risposte.

Anche per i pazienti con una storia di reazioni lievi si opterà per le iniezioni di omaluzimab su base regolare rispetto al tradizionale approccio di evitare l'alimento?

L'uso di omalizumab in aggiunta all’immunoterapia orale potrà migliorare il profilo di sicurezza dell’immunoterapia orale?

L’uso di omalizumab, sia in monoterapia che in aggiunta all’immunoterapia, sarà davvero “superiore” ad altre opzioni terapeutiche per i pazienti con allergie alimentari multiple?

Commento. Lo studio di Wood et al. prevede, dopo la prima fase appena pubblicata, altre due fasi il cui risultato che arriverà nei prossimi anni dovrebbe fornire le risposte a queste domande.

Sarà interessante osservare i risultati anche sui cosiddetti alimenti cross-reattivi, quelli cioè che non hanno causato la sensibilizzazione ma presentano affinità chimiche che li rendono potenzialmente reattivi, Resta comunque il fatto che tra tutti i trattamenti prospettati l’Omaluzimab resta il più sicuro dato che ormai lo si utilizza da decenni in altre e gravi patologie allergiche.